19/06/2024

TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE: LE NOVITÀ PREVISTE DALLA DIRETTIVA UE 2024/1203

19/06/2024

TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE: LE NOVITÀ PREVISTE DALLA DIRETTIVA UE 2024/1203

In data 11 aprile 2024 è stata adottata la Direttiva UE 2024/1203 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di tutela penale dell’ambiente, che sostituisce le direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE.

A norma dell’articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE) e dell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), infatti. l’Unione s’impegna a garantire un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Si ricorda altresì che, ai sensi dell’art. 191, par. 2 TFUE, la politica dell’Unione in materia ambientale è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga».

La Direttiva, constatato l’aumento dei reati ambientali e dei loro effetti, anche oltre i confini degli Stati membri in cui sono commessi, è intervenuta con l’intento sia di rivedere l’elenco dei reati ambientali di cui alla precedente Direttiva 2008/99/CE, sia di aggiungere altre categorie di reati sulla base delle violazioni più gravi della legislazione ambientale dell’Unione (art. 3), con inasprimento delle relative sanzioni al fine di aumentarne l’effetto deterrente (art. 5). Tra i nuovi reati si evidenziano le fattispecie di: esaurimento delle risorse idriche; commercio illegale di legname; gravi violazioni della legislazione UE in materia di sostanze chimiche, di mercurio e di gas fluorurati ad effetto serra; riciclaggio illegale di componenti inquinanti di navi.

Altra novità è la previsione di «reati qualificati», ovvero i medesimi reati già indicati dalla Direttiva che assumono questa connotazione più grave qualora comportino, quale conseguenza, la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevole o di un habitat all’interno di un sito protetto ovvero danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a tale ecosistema o habitat, alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque.

La Direttiva evidenzia, inoltre, che qualora una condotta che costituisce un reato ambientale sia attribuibile a persone giuridiche, tali persone giuridiche debbano essere ritenute responsabili di tale reato, con conseguente applicazione di sanzioni, penali o non a seconda della scelta discrezionale del legislatore nazionale, che siano effettive, dissuasive e proporzionate, tenendo conto della gravità della condotta nonché della situazione individuale, finanziaria e di altro tipo delle persone giuridiche interessate. La responsabilità delineata è pertanto analoga a quanto previsto nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 231/2001, innanzitutto quanto alla definizione di persona giuridica ex art. 2 Direttiva che esclude espressamente lo Stato e le istituzioni pubbliche che esercitino pubblici poteri. In linea con la normativa nazionale, l’art. 6 Direttiva esige, quali presupposti di tale responsabilità, che tali reati siano commessi a vantaggio della persona giuridica, dall’altra, sotto il profilo soggettivo che l’autore del reato sia un soggetto apicale che «detenga una posizione preminente» (con poteri di rappresentanza, di prendere decisioni per conto della persona giuridica o di controllo della stessa) ovvero una persona soggetta all’autorità dell’apicale in carenza di sorveglianza o controllo dello stesso. Inoltre, anche ai sensi della Direttiva la responsabilità delle persone giuridiche non preclude l’azione nei confronti delle persone fisiche che hanno commesso il reato.

Quanto alle sanzioni previste a carico della persona giuridica, l’art. 7 della Direttiva prescrive innanzitutto sanzioni pecuniarie, il cui importo deve essere proporzionato alla gravità delle condotte e alla situazione individuale, finanziaria o di altro tipo della persona giuridica interessata. La Direttiva fissa il quantitativo minimo del massimo edittale di tale sanzioni, che corrisponde, per i reati più gravi, al 5% del fatturato mondiale totale o alla soglia di 40.000.000 € ovvero, per i reati meno gravi, al 3% fatturato mondiale totale o alla soglia di 24.000.000 €. Quanto alle sanzioni accessorie, sono previste sia sanzioni di natura riparatoria quali il ripristino dell’ambiente se il danno è reversibile ovvero il risarcimento del danno in caso contrario, che di natura interdittiva, in via del tutto analoga a quanto prescritto dal D.lgs. n. 231/2001(esclusione da benefici, aiuti pubblici, finanziamenti pubblici, procedure di gara, sovvenzioni, concessioni e licenze; interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale ovvero il ritiro dei permessi e autorizzazioni funzionali alla stessa), oltre che ulteriori sanzioni quali l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, il provvedimento giudiziario di scioglimento, la chiusura delle sedi usate per commettere il reato, l’obbligo di istituire sistemi di due diligence per rafforzare il rispetto delle norme ambientali ed infine, qualora vi sia un pubblico interesse, la pubblicazione integrale o parziale della decisione giudiziaria.

Si segnala altresì l’art. 14 della  Direttiva UE 2024/1203 che si occupa nello specifico della protezione delle persone che segnalano reati ambientali o che prestano assistenza nelle relative indagini, a cui deve essere garantito l’accesso a misure di sostegno e assistenza nel contesto del procedimento penale, ad integrazione di quanto già prescritto dalla Direttiva UE 2019/1937 in materia di Whistleblowing.

La Direttiva UE 2024/1203 è entrata in vigore il 20 maggio 2024. Gli Stati Membri sono tenuti ad attuare e conformarsi alle disposizioni in essa contenute entro il 21 maggio 2026.

Contributo a cura dell’avv. Anna Vantin