24/04/2024

IL PROCESSO PENALE A CARICO DI SOCIETÀ ED ENTI PER L’ACCERTAMENTO DELLA CD. RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DERIVANTE DA REATO EX D.LGS. N. 231/2001

24/04/2024

IL PROCESSO PENALE A CARICO DI SOCIETÀ ED ENTI PER L’ACCERTAMENTO DELLA CD. RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DERIVANTE DA REATO EX D.LGS. N. 231/2001

  1. La responsabilità dell’ente derivante da reato e l’importante ruolo del modello 231

Il D.lgs. 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità amministrativa a carico di società ed enti che si configura in presenza di determinati reati commessi, sia da parte di soggetti apicali che da sottoposti, nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica. Trattasi di una responsabilità che non sostituisce bensì affianca la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso l’illecito e dalla quale l’ente può essere esonerato solo ove dimostri che il fatto occorso non deriva da un proprio deficit di natura organizzativa (cd. colpa da organizzazione).

È il caso, ad esempio, del reato di lesioni colpose ex art. 590 c.p. che, in ipotesi di infortunio in azienda, può essere contestato sia al datore di lavoro (o all’eventuale diverso soggetto delegato alla sicurezza) sia, ai sensi della normativa 231, anche alla stessa società.

Di qui l’importanza per società ed enti di dotarsi di un personalizzato modello organizzativo 231, strumento che, se adottato ed efficacemente attuato in azienda, permette all’ente di sottrarsi alla propria responsabilità e all’irrogazione delle relative sanzioni.

  1. Le particolari sanzioni previste a carico dell’ente

Sia la responsabilità penale della persona fisica sia la responsabilità amministrativa dell’ente vengono accertate, di norma, nell’ambito del medesimo processo penale, all’esito del quale, in ipotesi di condanna, possono essere irrogate le seguenti sanzioni:

di natura penale per la persona fisica (reclusione e/o multa, arresto e/o ammenda, a seconda della tipologia di reato commesso, oltre alle c.d. “pene accessorie”);

di natura amministrativa per l’ente, ovvero sanzioni principalmente di natura pecuniaria (da euro 25.800,00 a euro 1.549.000,00) e interdittiva (interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione/revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni, divieto di contrattare con la P.A., esclusione da agevolazioni o finanziamenti, divieto di pubblicizzare beni o servizi), alle quali si aggiungono la confisca del prezzo o del profitto del reato e la pubblicazione della sentenza.

  1. Le peculiarità del processo penale a carico dell’ente

Il processo penale a carico di società ed enti è disciplinato dal D.Lgs 231/2001 e dalle norme del codice di procedura penale, ove compatibili. Rispetto all’ordinario processo penale, tuttavia, per l’ente sono previste alcune peculiarità, ovvero in particolare le seguenti.

3.1. La partecipazione dell’ente al procedimento

Di regola l’ente partecipa al procedimento penale (costituendosi mediante il deposito di una dichiarazione ad hoc presso l’Autorità Giudiziaria procedente) con il proprio rappresentante legale, assistito da un difensore nominato di fiducia ovvero d’ufficio.

Qualora, tuttavia, il rappresentante legale sia soggetto imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo dell’ente (è il caso del reato di lesioni colpose ex art. 590 c.p. nell’ipotesi in cui il rappresentante legale sia anche il soggetto responsabile in materia di sicurezza), l’ente, stante l’evidente conflitto di interessi, può partecipare al processo soltanto mutando la propria rappresentanza (sono inefficaci sia l’atto di nomina del difensore di fiducia sia l’atto di costituzione in giudizio compiuti dal legale rappresentante nella suddetta situazione di incompatibilità).

3.2. La fase delle indagini preliminari e l’applicazione delle misure cautelari

Rispetto all’ordinario processo penale, con riferimento all’ente la fase delle indagini preliminari riveste un ruolo particolare, in quanto appare a tutti gli effetti finalizzata al recupero dell’ente alla legalità, come dimostra la particolare attenzione riservata dal legislatore alla disciplina delle misure cautelari.

Così come per la persona fisica, anche società ed enti, invero, possono essere destinatari, sin dalla fase delle indagini, di un provvedimento del Giudice applicativo di una misura cautelare che, nel caso dell’ente, consiste nell’applicazione, in via cautelare, delle sanzioni interdittive sopra menzionate.

A differenza di quanto accade con riferimento alla persona fisica, tuttavia, nei confronti dell’ente è previsto un contraddittorio di natura preventiva, con fissazione di apposita udienza da parte del Giudice, a seguito della richiesta del P.M. di applicazione della misura.

In tale udienza, in particolare, le misure cautelari possono essere sospese se l’ente chiede di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l’esclusione delle sanzioni interdittive, ovvero:

l’eliminazione delle carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

il risarcimento del danno e la messa a disposizione del profitto conseguito dal reato.

Qualora tali adempimenti siano realizzati il giudice revoca la misura cautelare, in caso contrario la ripristina.

Durante la fase delle indagini preliminari, peraltro, il giudice può disporre nei confronti dell’ente il sequestro del prezzo o del profitto del reato, suscettibili di confisca (cd. sequestro preventivo).

La fase delle indagini preliminari, in ogni caso, può concludersi per l’ente in due modi: con l’emissione, da parte del P.M., di un decreto motivato di archiviazione, qualora all’esito dell’investigazioni egli ritenga non sussistano, a carico dell’ente e a prescindere dall’esito delle indagini sulla persona fisica, i presupposti della cd. “colpa da organizzazione” (a differenza di quanto previsto per il processo penale ordinario non vi è alcun controllo giurisdizionale sul mancato esercizio dell’azione penale); ovvero con la formale contestazione all’ente, da parte del P.M., dell’illecito amministrativo dipendente da reato. Contestazione con la quale si apre la fase processuale vera e propria.

3.3. I riti speciali

Sia in sede di udienza preliminare sia alla prima udienza dibattimentale (rectius predibattimentale), così come previsto per la persona fisica, l’ente può scegliere di definire il procedimento per il tramite di un rito alternativo, ovvero in particolare il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta (il cd. patteggiamento).

L’ente, peraltro, può anche accettare l’eventuale decreto penale di condanna emesso dal Giudice, con pagamento della sola sanzione pecuniaria e rinuncia all’opposizione.

Non è, invece, prevista per l’ente la possibilità di attivare l’istituto della sospensione del processo con messa alla prova, come statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 14840/2023, ancorché si segnalano aperture in tal senso da parte di recentissima giurisprudenza di merito.

3.4. Il dibattimento

Qualora l’ente opti per affrontare il dibattimento, tentando di dimostrare nella fase istruttoria l’insussistenza della c.d. colpa di organizzazione, il processo a suo carico può, in definitiva, concludersi con l’emissione, da parte del Giudice, di 3 tipologie di sentenze:

1) Sentenza di esclusione della responsabilità dell’ente se l’illecito amministrativo contestato non sussiste ovvero manca, è insufficiente o contraddittoria la prova dello stesso;

2)    Sentenza di condanna, con applicazione delle sanzioni sopra indicate, se l’ente risulta responsabile dell’illecito amministrativo contestato;

3)    Sentenza di non doversi procedere, quando il reato da cui dipende l’illecito amministrativo dell’ente è estinto per prescrizione.

Contributo a cura dell’avv. Alberto Zampieri