In data 25 settembre 2024 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 6 settembre 2024, n. 125, attuativo della Direttiva n. 2022/2464/UE, meglio nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (“CSRD”), che promuove l’integrazione della sostenibilità all’interno dei modelli di business delle imprese attraverso la “rendicontazione di sostenibilità”.
La Corporate Sustainability Reporting Directive segue e sostituisce la Direttiva n. 2014/95/UE, denominata Non-Financial Reporting Directive (“NFRD”), estendendo l’ambito applicativo degli obblighi di reporting non finanziario e introducendo importanti novità circa i contenuti della – oggi – rendicontazione di sostenibilità.
L’ambito applicativo
In primo luogo, la CSRD ha ampliato, seppur in maniera graduale, il perimetro applicativo soggettivo alle grandi imprese e società madri di grandi gruppi, anche non quotate, nonché alle PMI quotate e le imprese di paesi terzi (“società obbligate”). In particolare, ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. n. 125/2024 i nuovi obblighi si applicheranno a:
- per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2024, le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interessi pubblico, per come definite dal D.Lgs. in commento, e agli enti di interesse pubblico che, alla data di chiusura del bilancio, superino il numero medio di 500 dipendenti occupati durante l’esercizio;
- per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2025, le grandi imprese, diverse dagli enti di interesse pubblico, che, alla data di chiusura del bilancio, anche su base consolidata, superino almeno due criteri dimensionali tra un numero medio di dipendenti occupati durante l’esercizio pari a 250, uno stato patrimoniale superiore a euro 25 milioni e i ricavi netti superiori a euro 50 milioni.
- per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2026, le PMI quotate(escluse le micro-imprese) che, alla data di chiusura del bilancio, superino almeno due dei limiti dimensionali tra un numero medio di dipendenti tra le 11 e 250 unità, ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a euro 50 mila, e uno stato patrimoniale tra gli euro 450 mila e 25 milioni.
- infine, per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2028, anche le capogruppo che risiedono in paesi terzi non appartenenti all’Unione Europea al superamento di determinate soglie dimensionali.
La rendicontazione di sostenibilità
In secondo luogo, la CSRD ha previsto che la rendicontazione di sostenibilità sia contenuta in una sezione della relazione sulla gestione che accompagna il bilancio, da sottoporre ad una verifica di un accreditato “statutory auditor” che, in Italia, assume il nome di “revisore di sostenibilità” il quale dovrà redigere una relazione di attestazione della conformità della rendicontazione predisposta dalla società (art. 8 del D. Lgs. n. 1125/2025).
La redazione della rendicontazione di sostenibilità, pertanto, dovrà rispettare determinati standard e principi. In particolare, la CSRD ha imposto alle imprese di fornire le informazioni richieste in conformità ad unico standard di rendicontazione a livello europeo, vale a dire lo European Sustainability Reporting Standard (“ESRS”).
Le imprese sono, peraltro, tenute a dare evidenza sia delle conseguenze della propria attività sul contesto in cui agiscono, in termini di impatti materiali, reali o potenziali, positivi o negativi, che la propria attività ha sulle questioni ambientali, sociali e di governance (“questioni di sostenibilità”), sia del modo in cui queste ultime influiscono sull’andamento e le performance della propria impresa. Si tratta del principio della “doppia materialità”, che unisce la materialità d’impatto alla materialità finanziaria, assente nella Non-Financial Reporting Directive.
In sintesi, le informazioni di cui è richiesta la rendicontazione includono tendenzialmente una descrizione de:
- il modello e della strategia aziendali dell’impresa, che indichi, tra gli altri, i piani dell’impresa, ove predisposti, inclusi le azioni di attuazione e i relativi piani finanziari e di investimento atti a garantire la compatibilità del modello e della strategia aziendale con la transizione verde;
- gli obiettivi temporalmente definiti connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa;
- il ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità e delle loro competenze e capacità in relazione allo svolgimento di tale ruolo o dell’accesso di tali organi alle suddette competenze e capacità;
- le politiche dell’impresa in tema di sostenibilità;
- l’esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità e che sono destinati ai membri degli organi di amministrazione, direzione e controllo;
- le procedure di due diligence in tema sostenibilità adottate e implementate, i principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, le eventuali azioni intraprese dall’impresa per prevenire o attenuare impatti negativi, effettivi o potenziali, o per porvi rimedio o fine, e dei risultati di tali azioni;
- una descrizione dei principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità, compresa una descrizione delle principali dipendenze dell’impresa da tali questioni, e le modalità di gestione di tali rischi adottate dall’impresa.
Complessivamente le modifiche introdotte dalla Corporate Sustainability Reporting Directive e recepite dal Decreto Legislativo n. 125/2024 dovrebbero realizzare l’obiettivo di aumentare la completezza, l’accuratezza e affidabilità delle informazioni raccolte dalle società obbligate.
Un impatto anche indiretto
In conclusione, risulta evidente come gli obblighi e prescrizioni previsti dalla normativa in commento ricadranno formalmente solo su una limitata porzione di imprese. Ciononostante, al pari di altre direttive e regolamenti adottati a livello euro-unionale in ambito ESG, le conseguenze della CSRD, e dunque del D. Lgs. n. 125/2024 in Italia, impatteranno l’intera filiera delle società obbligate le quali dovranno includere, nel proprio report di sostenibilità, le informazioni sugli impatti materiali, i rischi e le opportunità connesse alla propria catena del valore, a monte e a valle.
Contributo a cura della dott.ssa Beatrice Facci